martedì 29 giugno 2010

L'Addestramento ..... Secondo Pongo

Per iniziare l’addestramento di Arcera mi sono riletto un po’ di vecchi libri sull’argomento per cercare di non ripetere gli stessi errori magari compiuti nel passato.
Navigando poi in Internet mi sono imbattuto nel sito di un simpatico bastardino di nome Pongo, che mi ha dato un sacco di dritte su come un Cucciolo vorrebbe essere gestito durante la fase dell'addestramento e così, riportando le sue parole, è nato questo piccolo trattato con l'intento di aiutare coloro che si dovessero/volessero cimentare in questa avventura che è


L'Educazione Del Cane .......


1) Padrone O Capo Branco.

Cosa differenzia noi cani dagli altri animali? Perché dalla preistoria uomo e cane si fanno compagnia? Il motivo è che da quei tempi lontani noi cani abbiamo cominciato a considerare l'uomo come appartenente alla nostra stessa specie (in pratica noi vediamo l'uomo come un cane a due zampe). Quindi quando abitiamo in Famiglia (che noi chiamiamo Branco) stabiliamo delle gerarchie .... e tenendo conto che abbiamo olfatto e udito più sviluppati, zampe più veloci, muscoli più potenti, che spesso ci sentiamo più "intelligenti" .... è quindi per noi naturale cercare di assumere il ruolo di Capo Branco a meno che l'uomo non intervenga a spiegarci che le cose non stanno proprio così.
Se l'uomo invece ci lascia fare, prevarrà in noi un senso di frustrazione perchè non riusciremo mai a farvi fare quello che vi "ordiniamo".
Chiarito questo è evidente che quando vi trovate a scegliere un cane non vi dovete chiedere "sarà un buon cane?" ma piuttosto "sarò un buon padrone?" che equivale a "sarò all'altezza di essere Capo Branco?". Per essere un buon Capo Branco sono necessarie due cose:
a) avere tanto tempo da dedicarmi.
Non basta comprarmi per essere il mio padrone; nel mio mondo non esistono i verbi "comprare" e "vendere" e non sono nemmeno necessari. Il mio amore, la mia dedizione e la mia anima li do solo a chi ha le doti morali per meritarsele.
b) avere la stoffa del Capo Branco.
Ricordatevi che il capobranco non è il più forte; è un cane (uomo) maturo, esperto, intelligente, coraggioso e soprattutto coerente!
Vi faccio un esempio: arriverà un bel giorno in cui io monterò sul vostro divano... decidete da subito se avete intenzione di permetterlo per il resto della mia vita oppure no. Se mi farete scendere, potete star sicuri che ben presto io ritenterò, non solo perché il divano è il luogo più comodo della casa e l'ideale come cuccia, ma anche perché disubbidendo io vi sto mettendo alla prova. Se dopo qualche tentativo voi mi lascerete stare sopra avrò vinto io, ma al contempo avrò anche perso nei vostri confronti la fiducia come Capo Branco! Infine ricordatevi una cosa fondamentale: il Capo Branco non è mai violento! Picchiarmi a sangue state sicuri non servirà a niente. Se lo farete forse vi rispetterò, sicuramente avrò paura di voi, ma non avrete mai il mio amore e tutte quelle belle cose di cui parlavo sopra e non sarò mai un cane ubbidiente. Un secco "No!" e una "vigorosa scrollata della collottola" sono abbastanza; dovrete ottenere in cambio un gesto di sottomissione come buttarmi a pancia in sù, darvi la zampina o dei colpetti col muso come dire "ho capito comandi tu!".

2) Come Impariamo.

Prima di tutto è necessario che tutti capiscano una cosa: noi abbiamo un olfatto 15 volte più potente del vostro, un udito che è il doppio e ci permette di localizzare un rumore con la precisione di un sonar, ma siamo parecchio miopi.
Viviamo in mondi differenti dove le cose che esistono nell'uno non esistono nell'altro.
Quando ci insegnate qualcosa tenete presente che il nostro senso più sviluppato è l'olfatto e voi cani a due zampe non sapete dare comandi usando gli odori. Ignorare questo senso è come mandare un bambino a scuola con una benda sugli occhi. Tenetelo presente anche quando mi metterò ad abbaiare apparentemente senza motivo... vi assicuro che non sono diventato scemo!
Se vi sarete saputi imporre come un buon Capo Branco non abbiate paura di snaturarmi insegnandomi a stare seduto, ad aspettarvi fuori da un negozio ecc....
Niente è più sbagliato di questo preconcetto: nella mia natura ciò che mi da felicità e mi fa sentire utile è fare il bene del Branco; e il bene del Branco è quello che dice il Capo Branco.
Sappiate però che divento molto triste e mi sento inutile se mi lasciate solo nel vostro giardino dalla mattina alla sera invece di portarmi con voi quando potete!
Ricordatevi poi questi punti fondamentali:
a) Non capisco l'italiano né il tedesco né nessun'altra lingua di voi cani a due zampe.
Le parole sono solo uno stimolo a cui do una certa risposta.
b) Sono privo di senso morale (non mi sento mai colpevole, buono o cattivo). Quegli atteggiamenti che a voi possono sembrare tali sono solo la mia reazione a quelli che probabilmente saranno le vostre prossime azioni basandomi sulla mia esperienza.
Esempio: fatto pipì in casa => sgridato; aspettato padrone fino al suo ritorno => carezze e premi (questo perché la mia memoria è di tipo associativo).
c) Non posso apprendere un modello comportamentale che non mi appartenga geneticamente: è possibile utilizzare a vostro piacimento le mie innate attitudini, ma non potete crearne di nuove (per fare un esempio banale, posso imparare a sedermi a comando perché sedersi è un atto naturale per me, ma non imparerò mai a bere come un uomo, né con le buone né con le cattive, perché non è nella mia natura).
d) La motivazione è alla base della mia educazione e del mio addestramento: più forte è la motivazione a compiere un certo atto, più veloce sarà il mio apprendimento. La motivazione può essere intesa in senso piacevole (ottenere cibo o carezze) o in senso sgradevole (sfuggire un dolore o comunque una situazione di stress).
Un'altra motivazione da tener presente è il soddisfacimento della mia cosiddetta curiosità. L'uomo ha basato su di essa l'intera ricerca scientifica, ma anche in me la curiosità è un forte stimolo ad apprendere.
e) Una volta che ho imparato che l'esecuzione di un esercizio mi porta una gratificazione, si crea in me l'esigenza di ripetere questa esperienza piacevole. Questa è una fase molto importante del mio addestramento, perché quando ho appreso un esercizio stimolato per esempio dal desiderio di cibo (offerta di un bocconcino), potrei non ripeterlo più qualora non mi si ripresentasse il bocconcino, o nel caso in cui non avessi fame. Se però sostituite il desiderio del cibo con il desiderio di una carezza o di una parola gentile, ecco che mi farò in quattro per soddisfarvi in qualsiasi momento.
f) Gli impulsi all'apprendimento possono essere inibiti da un impulso esterno più forte (per esempio una cagnetta in calore di passaggio può essere per me più interessante di un padrone che sbraita "seduto! seduto!").
Gli impulsi più forti sono sempre quelli più naturali (impulso al sesso, alla caccia, al cibo ecc.).
È bene che mi abituiate alle distrazioni, per non incappare troppo spesso in queste "alzate di testa".
g) Il mio desiderio di superare una frustrazione o un dolore fisico può essere un fortissimo stimolo all'apprendimento, tanto quanto una ricompensa.
Per me non c'è molta differenza tra il raggiungimento di un effetto gradevole e l'allontanamento da un effetto sgradevole: cerco soltanto di "sentirmi bene", e le mie azioni tendono a questo scopo.
Quindi i rinforzi positivi o negativi hanno lo stesso valore.
h) In base a quanto detto al punto sopra potrebbe sembrare quindi solo una semplice scelta di addestrarmi o con le buone o con le cattive. C'è però una differenza notevolissima per quel che riguarda il mio rapporto con voi: infatti, abbino all'esecuzione meccanica dell'ordine ragionamenti e veri e propri "pensieri" che mi permettono di discriminare tra un padrone fermamente gentile e un padrone inutilmente violento. Amerò dunque il primo, che considererò il Capo Branco, mentre mi limiterò a temere il secondo. Io sono un animale sociale capace di riconoscere come "giusti" o "sbagliati" certi modelli comportamentali della mia figura-guida: è giusto ciò che permette la sopravvivenza del Branco e il suo benessere, mentre è sbagliato ciò che mette il Branco in pericolo.
i) Comunque sia stata acquisita una risposta positiva da parte mia, essa rischia di venire dimenticata se non fate sempre seguire a questa risposta una gratificazione. È bene variare queste gratificazioni (rinforzi) anche per stimolare la mia vivace curiosità, spingendomi a eseguire bene e in fretta "per vedere cosa succede".
Arriverà un bocconcino o una carezza?
l) Anche se cucciolo sono un cane nel senso più completo della parola, molto più addestrabile di un adulto perché sono ancora ben disposto a sottomettermi ai miei superiori gerarchici. Inoltre, come accade per i bambini umani, ho un cervello estremamente elastico e pronto ad apprendere. In compenso, gli errori commessi con me resteranno indelebilmente impressi nella mia memoria: se mi fate un torto per me sarà comunque un torto enorme (mentre un adulto sa distinguere, in certi casi, l'involontarietà o la preterintenzionalità).
Se perdete la mia fiducia, dovrete sudare parecchio per riconquistarvela.

3) Arrivo Di Un Cucciolo In Famiglia.

E adesso siamo arrivati al punto in cui si comincia a lavorare seriamente.
Sono arrivato in casa alla tenera età di due÷tre mesi e sapete che potrò essere un allievo eccellente se saprete agire con:
fermezza perché è indispensabile per il mio benessere psichico,
dolcezza perché sono indifeso,
pazienza perché in fondo sono come un bambino e non potete pretendere troppo
coerenza per darmi la sensazione di essere capitato nelle mani giuste, quelle del Grande Capo.
Fino a questo momento abbiamo cercato di demolire certe credenze romantiche sul mio conto e di spiegare come agisco, penso, vivo .... semplicemente mi muovo "da cane", punto e basta.
Seguo la mia natura, quindi non sono buono, fedele o obbediente perché "voglio" esserlo, ma perché "devo" esserlo, perché sono nato così, e in un certo senso non ho alcun merito.
Ciò non toglie, però, che voi uomini conosciate la moralità, e che abbiate acquisito culturalmente certi valori che in noi cani sono semplicemente innati: quindi non aspettatevi che mi comporti da uomo, ma per favore non vi dimenticate che siete uomini. Ed essere uomini significa sapere che cos'è un cucciolo, capire che sono un esserino minuscolo, tenero e indifeso che si consegna totalmente nelle vostre mani. Sappiate che approfittare di questo potere, per snaturarmi (facendomi diventare una belva sanguinaria), per brutalizzarmi (picchiandomi quando non è necessario) o per ridicolizzarmi (facendomi eseguire interminabili serie di esercizi per divertire gli amici, senza alcuna ragione pratica) non è umano, non è civile e rivela meschinità d'animo.
E adesso veniamo alla mia educazione casalinga, con la quale si intende il mio inserimento nel nuovo ambiente, nella nuova famiglia e la mia collocazione nella giusta posizione gerarchica. Appena entrato in casa lasciato il più possibile in pace e vedrete che dopo un comprensibile momento di imbarazzo comincerò già a imparare. Memorizzerò i vostri odori, i suoni della famiglia e alcune immagini tattili e visive che dovranno essere sempre positive (carezze, poche ma buone, parole dolci, tono di voce tranquillo e pacato). Ricordatevi che sono estremamente egocentrico, come un bambino, e che tutto quello che accade intorno a me è come se accadesse a me. Se per esempio il mio 1° giorno litigate con vostra moglie penserò che ce l'abbiate con me e mi spaventerò.
Al termine della prima giornata passata a ispezionare, elaborare informazioni e memorizzare, il mio cervello avrà già lavorato abbastanza e necessiterò di un periodo di riposo, ovvero di sonno. Contemporaneamente, però, mi sentirò sperduto, senza mamma e senza fratelli: voi potreste essere sostituti significativi, ma alla sera vi chiudete in camera vostra e mi lasciate solo per non "darmi il vizio" di dormire in vostra compagnia. Abbandonato a me stesso in un ambiente appena conosciuto, mi dispererò e farò cagnara tutta la notte. È un passo inevitabile? Si.
Per farmi dormire sonni tranquilli fin dalla prima notte (e farli dormire a voi e ai vostri vicini) potete benissimo tenermi in camera con voi, purché abbiate l'avvertenza di mettermi a nanna in una cesta (o su una brandina, o in una semplice scatola), dalla quale non avrò il permesso di uscire. Forse ci proverò, ma mi dissuaderete, e vedrete che la lotta non sarà molto lunga: sono stanco, sono in vostra compagnia, ho la pancia piena, quindi desidero soprattutto dormire. I miei tentativi di uscire dalla cesta saranno più che altro una prima indagine assonnata sulle vostre capacità di Capo Branco: se mi lasciate uscire, la vostra posizione gerarchica vacillerà fin da questo primo momento (e non mi sentirò al sicuro, perché qui manca il Capo Branco), ma se continuate a rimettermi a posto con gentile fermezza dicendomi un secco "No", accarezzandomi ogni volta che resto nella cesta per qualche secondo, capirò che:
a) qui c'è una buona guida coerente e affidabile, e che posso dormire tranquillo;
b) avrò già cominciato ad imparare il significato dell'ordine "No";
c) posso rilassarmi completamente e piombare rapidamente nel sonno del giusto.
Tra un giorno o due potrete benissimo ottenere che vada a dormire nella stanza riservata a me (o in giardino, se ne avete uno), e che ci dorma tranquillo, senza ricominciare a disperarmi, perché nel frattempo avrò imparato a conoscere l'ambiente, a capire che questa casa è la mia "tana", a sapere che di là c'è il Grande Capo che vigila sul mio sonno.
Non è mancanza di coerenza chiedermi di abbandonare la vostra stanza, dopo che mi ci avete lasciato dormire per una o più notti: il trucco sta nel fatto che voi non mi avete dato il vizio di dormire nella vostra camera, ma quello di dormire nella mia cesta (o nella mia scatola, o sulla mia brandina). Quando desiderate che mi sposti altrove basterà spostare la cesta perché io capisca che quello è il mio nuovo posto, indipendentemente dalla collocazione in casa o in giardino, saprò di avere una zona tutta mia, in cui nessuno verrà mai a disturbarmi, che chiamerò la mia "tana". Quando mi sarò abituato a dormire nella cesta, portatela in questa zona riservata. Meglio che sia una zona riparata (sotto un tavolo o dietro un mobile in casa, sotto una tettoia bassa in giardino), non tanto per motivi climatici quanto per motivi psicologici: la tana di un animale, in natura, è sempre ben protetta e nascosta, e solo così mi sentirò al sicuro. Se vivrò fuori, la mia tana potrà essere anche rappresentata da una cuccia purchè all'inizio portiate la cesta dentro alla cuccia. Potrete toglierla dopo qualche giorno.

4) Non Sporcare In Casa.

Se pensate a quanto tempo (come minimo parecchi mesi) impiegano solitamente i genitori umani ad abituare un bambino all'uso del vasino, non dovrebbe neppure passarvi per la testa l'idea che io possa imparare la lezione in pochi giorni. Ma in realtà posso farcela. Il primo passo è nutrirmi con una dieta bilanciata e completa, a orari fissi e immutabili. È importante che controlliate la consistenza delle feci: se sono molli, va diminuito subito il quantitativo di cibo del 10%, e va ancora diminuito finché non si ottengono feci compatte. Al contrario se fossero gessose o troppo secche. In ogni caso dovete assicurarvi prima che non ci siano parassiti intestinali. Il luogo in cui sporcare dovrebbe essere sempre lo stesso e deve apparirmi positivo: in pratica, scegliete il luogo per la sua facilità d'accesso, e qui portatemi subito dopo i pasti. Bisogna portarmi nel posto giusto:
a) dopo ogni pasto;
b) dopo che ho bevuto;
c) quando mi sveglio dopo un sonnellino;
d) dopo che ho giocato o corso a lungo.
Quando ho capito che quel posto va bene (e di solito ci sporco per la prima volta dopo 36÷48 ore dall'inizio dell'addestramento), bisogna farmi capire che gli altri posti, invece, sono sbagliati. Se resto solo in casa dalle 8 del mattino alle 5 del pomeriggio per cinque giorni alla settimana, è pura follia al 6° giorno e portarmi fuori proprio nelle ore in cui, solitamente, non posso uscire: quindi tenetemi in casa nelle ore in cui devo restarci, e distoglietemi dall'idea di fare il bisognino. Nelle ore in cui non devo sporcare, non bisogna darmi da bere né da mangiare.
I pasti e l'acqua verranno somministrati in ore a cui può seguire un'uscita per la pulizia, e quando sporco fuori vado premiato e lodato. Se sporco in casa non serve picchiarmi né mettermi il naso nello sporco: penserei che è questo che volete da me, e prenderei il vizio di mangiare le feci o di rotolarmici dentro. Quando trovate il misfatto è meglio aspettare che mi avvicini, mostratemi con voce e gesti (ma senza toccarmi) il vostro sdegno, e poi portatemi nel posto giusto. Per pulire è bene aspettare che io non sia presente e passate subito dopo un neutralizzatore di odori. Durante il pasto concedetemi quindici minuti per mangiare, poi portatemi via la ciotola, indipendentemente dal fatto che abbia finito o no. Devo imparare che il cibo va dato solo a orari fissi: l'acqua però dovrebbe essere sempre disponibile, ma nei casi più gravi si può dosare anche questa. Appena avrò finito di mangiare e bere portatemi fuori, e appena mi sarò liberato fatemi un sacco di complimenti e riportatemi subito a casa: se la passeggiata durasse più di 15÷20 minuti, non assocerei il motivo per cui sono stato portato fuori allo sporcare e il metodo non funzionerebbe più.
Orario per persone che lavorano: quale che sia il vostro orario di lavoro portatemi fuori appena vi alzate al mattino, riportatemi a casa, datemi da mangiare e da bere, riportatemi fuori per sporcare. Quando tornate dal lavoro fatemi lo stesso. Stabilite un ritmo fisso. Prima di andare a letto portatemi fuori un'ultima volta senza nutrirmi. Ricordatevi che sono ancora cucciolo e non posso trattenere l'acqua per otto o nove ore: in vostra assenza incaricate qualcuno di mantenere i ritmi di cibo/acqua/uscita, oppure confinatemi in un luogo dove posso sporcare senza danni. Nei primi tempi non scoraggiatevi se non mi libero fuori: posso resistere anche 20 ore. Tenete presente che state forzandomi a rompere le mie vecchie abitudini, e questo è un trauma per me. Se non vado di corpo per troppo tempo, mettetemi magari una supposta di glicerina per bambini subito dopo mangiato e portatemi immediatamente fuori: questo metodo può non essere dei più gradevoli, ma dà risultati sicuri. Dopo che mi sono liberato, lodatemi e carezzatemi molto. Tutto questo programma è temporaneo e dura finché non avrò imparato a sporcare fuori casa (al massimo una ventina di giorni, in media). Quando succederà di sgarrare e sporcare in casa, la cosa più importante da fare è eliminare l'odore delle feci e delle urine, perché tendo a sporcare nuovamente dove sento questo odore. I neutralizzatori di odori si acquistano nei negozi per cani o in farmacia, e servono allo scopo a differenza di tutti gli altri preparati (candeggina, ammoniaca ecc.) che coprono l'odore ma non lo cancellano. Io continuo a sentirlo e ci torno per sporcare. Se devo restare in casa senza di voi, confinatemi in un area ristretta (senza legarmi) in modo che aspetti il più possibile per liberarmi: istintivamente tendo a non sporcare la mia cuccia. Quando siete a casa lasciatemi invece libero di girare ovunque, pronti a intervenire come segue se dovessi sporcare ricordandovi che non vado mai punito per avere sporcato in casa: se l'ho fatto, è solo perché non ho ancora capito che non devo farlo. Vado però corretto, specialmente quando mi cogliete sul fatto: anche un solo minuto di ritardo è troppo, perché non ho la capacità mentale di collegare la vostra collera con una cosa sbagliata fatta prima. Quando sporco in vostra presenza utilizzate una lattina vuota riempita di monetine e scuotetela vivacemente vicino a me. Questo mi disorienterà e mi bloccherà per il tempo che vi serve a prendermi e portarmi fuori. Nello stesso tempo, dite "No!" con voce aspra e ferma.

5) Nome E Richiamo.

Qui entriamo nel campo dell'insegnamento vero e proprio: fin dal primo giorno, infatti, dovrete cominciare a spiegarmi qual è il mio nome, e farmi capire che quando sono chiamato devo assolutamente accorrere. Il nome, lo sanno tutti, deve essere breve e chiaro: se quello sul pedigree è lungo e altisonante, inventatemi un nome "di casa" corto e squillante (e possibilmente non troppo comune: non è carino andare ai giardini, chiamarmi: "Bobi!" e vedermi arrivare insieme ad altri quattro o cinque musi sorridenti). Ma adesso veniamo alla regola più importante: il nome non deve equivalere al richiamo. Il nome è un nome, il richiamo è un ordine: considerarli sinonimi sarebbe un grave errore. L'ordine completo non è, quindi, "Fido!", ma "Fido! Vieni!" (oppure "Qui!"). Questo perché è assolutamente impossibile, per un essere umano, trattenersi dall'esclamare "Fido!" quando scoprite che ho rovesciato il cestino della spazzatura sul tappeto persiano e che adesso ci sto seduto in mezzo con l'aria palesemente soddisfatta. È impossibile trattenersi dal gridare "Fido!" quando vi accorgete che sto mangiando la zuppa del gatto dei vicini, ed è impossibile non sussurrarmi "Oh, Fido...", quando vi metto il muso in grembo e vi faccio gli occhi da Bambi. Infine vi capiterà almeno mille volte di parlare con amici e di dire: "Fido ha fatto questo, Fido ha combinato quest'altro". Ed io sono lì che vi ascolto. Dov'è il problema? Semplicemente nel fatto che il richiamo deve essere un ordine indiscutibile: quando sento il richiamo, so che devo correre immediatamente dal padrone. Se come richiamo usate il semplice nome, lo sentirò in mille occasioni diverse da quella in cui mi si chiede di venire: sentendo dire "Fido" non saprei mai se mi state chiamando, sgridando, complimentando, o semplicemente citando in una conversazione, e l'efficacia dell'ordine sarebbe compromessa (nel tempo che impiego a capire che in questo caso mi state proprio chiamando, potrei anche andare sotto una macchina, o finire di compiere un atto vandalico). Se sento dire "Fido! Vieni!" al contrario, non potrò avere esitazioni, perché saprò benissimo che questo è un ordine; vi potreste anche limitare al semplice "Vieni! ", ma suggerirei di farlo sempre precedere dal nome, perché serve ad attirare la mia attenzione e quindi a rafforzare il comando. Ma come si fa a farmi accorrere al comando? Abbiamo già detto che non conosco l'italiano, e che sentire l'ordine "Fido! Vieni! ", o una frase come "Salve! Pomodoro!", per me è la stessa identica cosa: quindi come fare a farvi capire? Il modo più semplice è sfruttare il principio di associazione e chiamarmi per le prime volte, quando sto già venendo verso di voi. Sono sveglio e ho un'intelligenza prontissima: assocerò rapidamente il comando all'azione del venire. Ora dovete spiegarmi e farmi capire che rispondere al richiamo è cosa gratificante. Quindi mi premierete con lodi, coccole e soprattutto qualche bocconcino ogni volta che accorrerò al vostro "Fido! Vieni!". Fino a questo punto, però, mi avete sempre e solo chiamato quando stavo già venendo. Prima di passare alla prova del fuoco, per verificare se ho davvero capito il significato dell'ordine, dovete mettermi un collarino legato a una cordicella lunga e sottile che non mi dia alcun fastidio. Se non fossi già abituato al collare, rimandate l'esercizio e datemi prima il tempo di abituarmi a questo strano aggeggio (mi gratterà per qualche minuto, forse cercherò di togliermelo con le zampe, poi me ne dimenticherò); se porto già il collare tranquillamente, procedete. Aspettate che sia tranquillo e non impegnato in qualcosa di particolarmente interessante come rosicchiare un osso, e poi date l'ordine: "Fido! Vieni!". Se accorro, lodatemi, premiatemi, e fatemi capire che siete felicissimi del mio successo. Se non accorro, tirate a voi la cordicella legata al mio collare e fatemi venire per forza. "Per forza" non significa "con la forza": dovete tirarmi verso di voi dolcemente, senza staccarmi il collo. Voi non potete sapere se ho disobbedito perché ancora non ho imparato l'ordine o perché non avevo voglia di venire, ma in questo modo ottenete due scopi:
a) mi date modo di sentire ancora una volta il comando;
b) mi fate capire che la cosa è ineluttabile: quando sento dire "Fido! Vieni!" devo precipitarmi, o una forza inspiegabile mi costringerà comunque a obbedire.
Come ultimo rinforzo, quando sarò arrivato presso di voi, dovrete coccolarmi e premiarmi esattamente come se fossi venuto di mia spontanea volontà. Più avanti nel tempo, quando sarete sicurissimi che ho acquisito un buon richiamo, potrete chiamarmi senza predisporre il trucco della cordicella. Ma alla prima mancanza tornerete a usarla: perché dovrò convincermi che è impossibile disobbedire al richiamo. E quell'unica volta che disobbedisco senza cordicella? Scapperete via come lepri, senza più guardarmi in faccia. Un po' per paura di restare solo e un po' perché la vostra corsa stimolerà in me l'istinto predatorio (che mi fa sempre venir voglia di inseguire chi corre), vi seguirò e quindi avrò obbedito al vostro richiamo. Quando arrivo, coccole e complimenti come sempre. Mai picchiarmi quando arrivo, neanche se arrivassi due ore dopo. Non sono capace di un'astrazione complicata come: "Mi puniscono perché prima ho disobbedito", ma farò un ragionamento molto più elementare: "Mi puniscono perché adesso sono venuto". E non verrò più, temendo che mi si chiami per picchiarmi. Picchiare il cane che ritorna è il sistema più diretto (e purtroppo più usato!) per rovinare completamente il richiamo: tengo a farlo notare, perché moltissimi padroni commettono questo errore in buona fede (tanto che se ne vantano) e poi si stupiscono se "quello scemo" del loro cane non vuol saperne di obbedire al richiamo, nonostante le severe lezioni ricevute. Attenzione: è fondamentale che il richiamo mi sia insegnato da piccolissimo, appena entrato in famiglia. In questo modo l'esercizio sarà facile, divertente, di rapidissimo apprendimento e pochissimo suscettibile di regressioni (per il cane raggiungere il padrone è una gioia spontanea e naturale e bisogna proprio sbagliare tutto, e sbagliare alla grande, per riuscire a trasformarla in un'esperienza sgradevole).

6) "No".

Come il richiamo, il "No!" è un ordine preciso. Dovete pronunciarlo, come tutti gli ordini, in tono deciso che non ammette repliche, ma senza mettersi a gridare come ossessi. Un ottimo rinforzo è costituito da una lattina di birra o simili, piena di monetine: immediatamente prima di dare l'ordine "No!" scuotetela vivacemente. La lattina ha la stessa funzione del nome prima del richiamo: serve ad attirare la mia attenzione distogliendomi da quello che sto facendo (ma in questo caso non si deve usare il nome, perché il nome deve essere sempre associato a sensazioni gradevoli, mentre il "No!" si dà quando sto commettendo qualcosa di indesiderato e qualche volta potrebbe essere il caso di punirmi se non smetto). La lattina con il suo rumore improvviso e piuttosto forte mi disorienta e mi dà il tempo di capire che mi state dando il comando di smettere immediatamente di fare quello che sto facendo. Come il richiamo, il "No!" è un ordine fondamentale, che in certi casi potrebbe anche salvarmi la vita (fermandomi, per esempio, quando sto per attraversare una strada e finire sotto una macchina). Come farmi capire cosa volete? Scuotete la lattina, date il "No! " ed io desisterò dalla mia azione, non fosse altro che per vedere cosa succede. A questo punto avete due alternative: chiamarmi a voi e complimentarmi, oppure avvicinarvi a me e aspettare che ricominci a far danni. Appena ricomincio, lattina e "No!". Appena smetto, lodi e carezze. Non cambiate atteggiamento di una sola virgola, siate coerenti e costanti, ed io capirò. Non solo, ma voi guadagnerete un altro punto come Capo Branco.

7) "Seduto".

Con questo entriamo nel campo degli esercizi veri e propri, quelli che vi fanno pensare di avere un cane addestrato. In realtà stiamo ancora parlando di semplice educazione, e i prossimi esercizi servono più che altro a darvi modo di imporre il vostro volere. Come abbiamo visto precedentemente, mi potrebbe saltare in mente di darvi un ordine (dammi da mangiare, accarezzami, portami fuori), e l'unico modo che avete per ripristinare i giusti rapporti gerarchici è darmi un contrordine prima di accontentarmi. "Seduto" e "Terra" sono esercizi molto comodi da usare a questo scopo: basta un attimo per eseguirli, non ci vogliono attrezzi né spazi particolari. Sono anche esercizi semplicissimi, che imparo in poche lezioni: si tratta infatti di farmi acquisire posizioni che assumo già tranquillamente da solo molte volte al giorno. Solo che adesso devo assumerle a comando. Vediamo come si fa a farmi sedere:
a) aspettate che mi stia per sedere da solo e nello stesso momento mi si dà l'ordine "Seduto!".
Un po' come è avvenuto per il richiamo, questo mi servirà a sviluppare l'associazione di idee tra la parola e la posizione che assumerò;
b) appena mi siedo, mi lodate come se avessi obbedito all'ordine, anche se in realtà non ho neppure capito di averne ricevuto uno;
c) dopo un po' di tempo, mi date l'ordine prima che mi sieda: se obbedisco, benissimo, sono un cane dall'intelligenza brillante e ho già afferrato il concetto. Se non mi siedo non preoccupatevi: sono un cane normale. Dopo avermi dato l'ordine, premerete con dolcezza sul mio posteriore, tenendomi contemporaneamente sollevata la testa con una mano sotto la gola. Sorridetemi, fatemi capire che non intendete farmi del male, e intanto fatemi sedere con l'azione delle vostre mani. Appena sarò in posizione copritemi di lodi;
d) ripetete l'esercizio (non più di dieci minuti per lezione) finché non sarete sicuri del risultato. Come metodo alternativo potete tenere una mano sopra la mia testa, aspettando che rivolga lo sguardo in alto per poterla vedere. Se spostate adeguatamente la mano, sarò costretto ad alzare la testa per seguirne il movimento e a piegare il posteriore: a questo punto voi dovrete dare l'ordine "Seduto!", e appena il mio posteriore tocca terra dovrete lodarmi.
Il metodo diventa rapidissimo, e funziona alla perfezione, se la mano sospesa sulla mia testa mi mostra una crocchetta: in questo caso la mia attenzione è assicurata e lo sarà anche l'esecuzione dell'esercizio (purché, naturalmente, alla fine mi si dia la tanto sospirata crocchetta).

8) "A Terra".

Ci sono diversi metodi per insegnarmi questa posizione, e io mi ci metto volentieri perché sto comodo; ma, nonostante ciò, non aspettatevi che impari velocissimamente questo esercizio, un po' più complesso del precedente.
Primo metodo:
al guinzaglio mettetevi al mio fianco, fatemi sedere (devo ovviamente già conoscere il "Seduto"), poi date l'ordine "Terra!" e inginocchiandovi davanti a me tirate in avanti le mie zampe anteriori, cosicché le debba per forza allungare e sdraiarmi.
Problemi: posso spaventarmi, specie se mi avete picchiato in precedenza con le mani (cosa che bisognerebbe sempre evitare) e posso interpretare la presa delle zampe come una forma di punizione. A questo punto comincerei a pensare "Ma perché? Cosa ho fatto?" e i vostri tentativi di spiegarmi che non mi state punendo risulterebbero vani. Se sono di tempra forte, poi, la presa delle zampe mi può causare conflitti di volontà. Se comincio a strattonare posso anche farmi male. Questa reazione è comunque sintomatica: significa che non vi riconosco ancora come Capo Branco e non ho piena fiducia in voi.
Secondo metodo:
camminate tenendomi al guinzaglio al vostro fianco, fermatevi e fatemi sedere.
Mettete il guinzaglio sotto il vostro piede e cominciate a farlo scorrere gradualmente finché non mi sentirò trascinato verso il basso e contemporaneamente date l'ordine "Terra!". Complimentatemi.
Problemi: questo metodo è simile al primo, ma non c'è l'intervento diretto della mano e io mi sento obbligato da una forza sconosciuta. Questo può rafforzare l'ordine in alcuni cuccioli, mentre in altri può ingenerare timori (la vostra mano è conosciuta e amica). Per sveltire le operazioni conviene aspettare che io sia stanco e che abbia già voglia di sdraiarmi. Ripetete l'esercizio nel corso di brevi sedute (sempre di dieci minuti l'una, non di più), due o tre volte al giorno. Vedrete che imparerò abbastanza presto.

9) Al Guinzaglio.

Una volta terminato il ciclo di vaccinazioni, potrò tranquillamente cominciare a uscire e ad avere rapporti sociali: tenermi in casa sotto una campana di vetro per evitarmi possibili malattie o risse con altri cani è un sistema sicuro per crearmi problemi di carattere. Sperimentalmente si sono allevati cani che non ricevevano i normali processi di imprinting e di apprendimento: questi soggetti vengono chiamati Kaspar Hauser, dal nome del misterioso personaggio che apparve a Norimberga nei primi decenni dell'ottocento all'età di circa sedici anni, dopo essere vissuto fino ad allora in un isolamento totale. L'allevamento di soggetti Kaspar Hauser aveva lo scopo di scoprire quanto il comportamento animale si basi su meccanismi innati e quanto venga invece appreso: ma l'esperimento permise anche di appurare che in questi soggetti insorgeva una vera e propria sindrome, i cui sintomi sono timidezza, paura dell'uomo, aggressività in alcuni casi e in altri addirittura Catatonia.
Il guinzaglio deve rappresentare per me un prolungamento della mano del padrone, amichevole e capace di infondere fiducia (e per questo non mi si deve mai permettere di mordicchiarlo o comunque di giocarci). Per abituarmi è bene sceglierne uno di cuoio (mai una catena!) sottile, lungo e leggero. Il guinzaglio corto, a maniglia (che molti scelgono perché dà l'impressione di avere più controllo), mi insegna invece a tirare come un dannato, e non mi permetterà mai di imparare una buona condotta: in questo caso, sto vicino alle gambe del padrone perché sono costretto e non perché ho capito che quello è il posto giusto. Mettetemi il collare (non a strangolo) e il guinzaglio in qualche occasione piacevole (l'ora della pappa, per esempio) finché non siete sicuri che mi sono abituato a portarli tranquillamente: poi uscite di casa, a fatemi vedere (o meglio, annusare) il mondo. Ne approfitterete anche per insegnarmi la condotta al guinzaglio. Per eseguire questo esercizio camminate sempre tenendomi alla vostra sinistra: o meglio, tentate di tenermi a sinistra, perché farò sicuramente il matto e vi verrò in mezzo ai piedi trecento volte al minuto.
Le varie possibilità sono, all'incirca, queste:
a) impennarmi, scalciare, fare un bel po' di rodeo e rifiutare di proseguire;
b) buttarmi a terra guaendo disperato come se mi stessero scannando;
c) tirare sul guinzaglio per andare a guardare lì, ad annusare là, e ogni tanto fare un balzo per raggiungere un gatto o una farfalla, restando sollevato da terra per un attimo, per poi ripiombare giù di schiena e guardarvi con aria afflitta come se mi aveste punito voi;
d) tentare di seguirvi, ma guardandomi bene dal restare al mio posto sulla sinistra: l'avanzamento "a biscia" e uno dei più diffusi, ma è abbastanza apprezzato anche lo spostamento a destra, sempre a destra, assolutamente a destra (finché voi non decidete di infischiarvene del manuale di addestramento e di passare il guinzaglio nella mano destra e a questo punto comincerò a gettarmi a sinistra, sempre a sinistra, inesorabilmente a sinistra).
Indipendentemente dalla mia aria disperata o divertita, la prima uscita al guinzaglio vi farà disperare, ma tranquillizzatevi, tanto non deve durare più di cinque÷dieci minuti. Qualsiasi cosa combinerò, parlatemi allegramente e con dolcezza, lasciate il guinzaglio molto lungo, non tiratelo mai e cercate di ottenere che io segua i vostri passi per una decina di metri, eventualmente chinandovi sulle ginocchia e chiamandomi (se mi avete insegnato il richiamo con la cordicella, arriverò scodinzolando). Appena vi seguirò per un po', festeggiami esageratamente e fatemi capire che siete super soddisfatti di me. Mentre vi seguo, cominciate a dirmi "Piede!". Dopo dieci minuti al massimo, tornate a casa. Ripetete il giorno dopo, e quello dopo ancora, allungando un po' i tempi. Per ora dovete ottenere soltanto che segua il guinzaglio, è ancora presto per obbligarmi ad assumere la posizione corretta vicino al ginocchio: non devo però tirare. Quando ci proverò, ditemi "Piede!" e fate un immediato dietro-front. Anche se riceverò un leggero strattone, e mi farà capire in fretta che non devo sorpassarvi, se non voglio sentire questo colpetto sgradevole. L'esercizio della condotta deve essere insegnato per gradi, partendo da lezioni di cinque minuti, ma ciò non significa che io debba restare fuori casa per soli cinque minuti. Finita la lezione, non sarò più obbligato a restare al "Piede!", ma col guinzaglio lungo potrò annusare in giro, conoscere persone, rumori, animali, abituarmi in una parola al mondo esterno. Rimanete pure fuori una mezz'oretta al giorno, poi allungate i tempi finché volete: più stimoli ambientali e sociali mi arrivano, meglio è. Man mano che eseguirò correttamente, potrete rendere più difficile l'esercizio facendo lo slalom e cambiando l'andatura. A questo punto sono sicuro che vi sarete chiesti perché tenermi a sinistra e il guinzaglio con la mano destra: perché se cammino bene, mi accarezzerete ogni tanto sul muso con la mano sinistra, in modo che io cerchi questo contatto e ne acquisisca l'appetenza; se cammino col muso vicino alla vostra mano, il lavoro è fatto per metà. Se non cammino bene, mettete in pratica le seguenti correzioni:
- se vi taglio la strada, impeditemelo accorciando il guinzaglio, poi appena mi rimetterò a posto, allungatelo subito per non farmi camminare "impiccato" (cosa che tra l'altro mi spingerebbe a tirare);
- se tiro, fate un rapido cambio di direzione finendomi addosso, alzando un po' il ginocchio in modo da colpirmi leggermente sul muso, pestandomi direttamente i piedi mentre cambiate marcia. Alternate sapientemente colpetti col ginocchio e pestate di piedi: devo capire che appena mi metto a tirare mi succederà qualcosa di spiacevole. Non dite una parola, non sgridatemi né altro: dite solo "Piede!" quando cambiate direzione. Per me le ginocchiate o le pestate non devono essere punizioni che voi mi infliggete volontariamente, ma una semplice conseguenza meccanica del fatto che mi sono messo a tirare;
- se resto indietro, parlatemi dolcemente, rallentando un po' il passo affinché io possa tornare con la testa all'altezza del vostro ginocchio. Poi riprendete la marcia in tono più allegro e gioviale possibile (anche canticchiando, se è il caso). Importante: date sempre l'ordine "Piede!" a ogni partenza e a ogni cambio di direzione.

10) In Macchina.

Per chi è inserito nella società moderna, uomo o cane che sia, l'automobile è per forza di cose un mezzo di trasporto comune e familiare. Chi non sa andare in macchina non è al passo coi tempi. La cosa vale anche per me e ci porrebbe di fronte a problemi seri qualora non poteste mai caricarmi su un'automobile, tanto è che molti padroni dichiarano che Fido non ci andrà mai, perché la prima volta che ci è salito ha vomitato (dunque patisce la macchina e deve restare a terra).
In realtà patire la macchina non è un fatto patologico, ma la somatizzazione di un problema psichico: moltissimi cuccioli lo manifestano, semplicemente perché l'auto è rumorosa, strana, puzzolente, incomprensibile, in una parola spaventosa. Si può facilmente educarmi a una perfetta padronanza di me stesso durante i viaggi in auto, rifacendosi all'apprendimento "per dissuasione": se lo stimolo apparentemente pericoloso si rivela innocuo, si smette di temerlo. Portatemi quindi sull'auto ferma, fatemi giocare, parlatemi dolcemente. Progressivamente, abituatemi al rumore del motore, e poi al fatto che la macchina si muova. Se poi ricorrerete all'aiuto di qualche bocconcino di cibo (sempre dato in macchina), sarà facilissimo far nascere in me una vera passione per le quattro ruote; altro che vomitare o patire! Anche in questo caso prevenire è meglio: educatemi per tempo ed eviterete di avere successivamente brutte sorprese.

11) "Resta".

Altro comando fondamentale, il "Resta!" che permette di lasciarmi in una delle due posizioni di seduto o di terra per cinque, dieci e anche trenta minuti, anche in vostra assenza e non mi dovrò alzarsi neppure se distratto o provocato. Mettetemi quindi a terra, col guinzaglio attaccato, e datemi l'ordine "Resta!", indietreggiando, subito dopo, di un solo passo. Tenete in una mano il capo libero del guinzaglio e tendete l'altro braccio davanti a voi col palmo della mano aperto in direzione del mio muso. Siccome com'è noto io non so l'italiano, e questo comando è nuovo, non avrò la più pallida idea di ciò che volete. Ma reagirò così:
a) saprò benissimo che mi avete dato un ordine. Il tono di voce, il vostro gesto, tutto concorre a farmelo capire senza ombra di dubbio.
b) resterò in attesa di sapere che cosa volete: finora a ogni nuovo ordine è seguito un manipolamento con le mani, o qualche indicazione data col guinzaglio, quindi mi aspetterò che adesso facciate qualcosa;
c) tutto impegnato in questi ragionamenti, non penserò ad alzarmi per seguirvi, anche perché voi siete arretrati di un solo passo, siete lì a portata di naso e siete in qualche modo legati a me dal guinzaglio. Inoltre il gesto della mano tesa significa "ti respingo", e questo riesco a capirlo. Questo esercizio è un po' diverso dagli altri, perché non posso comprenderlo finché non avrò commesso il primo errore (non preoccupatevi, non vi farò aspettare molto!): lo capirò non appena voi vi allontanerete di due o tre passi, lasciando cadere il guinzaglio, e facendomi credere che potreste anche andarvene: a questo punto mi alzerò per seguirvi, ma voi mi fermerete con un "No! Resta!", dopodiché mi prenderete per il collare e mi riporterete dove mi trovavo, anzi un pochino più indietro.
Dunque, resterò lì in attesa, e voi farete una cosa sconcertante: passati pochi secondi, correte a farmi i complimenti, a dirmi "bravo, bravo, bravissimo" e a farmi giocare un po'. Sarò contento e felice, ma anche frastornato: mi aspettavo di dover eseguire un esercizio, ma non ho fatto assolutamente niente, e voi mi premiate! Nel corso di due o tre lezioni, capirò che l'esercizio consisteva proprio nel non fare assolutamente niente: "No! Resta!"significa infatti non muoverti, stai lì, non alzarti. Quando mi rimettete giù, vi allontanate di nuovo di un unico passo e poi tornate di corsa a festeggiarmi, ricorderò le esperienze precedenti (quelle in cui non mi ero mosso ed ero stato complimentato). Solo così potrò creare la giusta associazione di idee: se sento l'ordine "No! Resta!" e mi muovo, il padrone mi sgrida. Se resto fermo e non faccio niente, il padrone mi premia.
Importante: per molto, ma molto tempo, anche quando avrò imparato bene l'esercizio e vi permetterò di allontanarvi di trenta o cinquanta metri, tornate sempre a prendermi e non chiamatemi mai a voi. Devo pensare che restare lì inchiodato presuppone un vostro ritorno e molte coccole, ma non devo credere che prima o poi verrò chiamato a raggiungervi, o cercherò sicuramente di farlo accadere... più prima che poi. Per rinforzare ancor più questa sensazione non coccolatemi subito appena siete tornati da me, ma prima mettetevi alla mia destra, datemi l'ordine "Seduto!", e solo dopo che avrò eseguito copritemi di lodi sperticate.

12) Riporto.

Portatemi in un luogo a me gradito. Dovrò già possedere un ottimo richiamo. Tirate fuori un riportello di legno dolce e giocate con me facendomelo ballare davanti al naso, tirandolo indietro, facendomi venire voglia di afferrarlo (cosa che accadrà quasi subito). Appena cercherò di prendere l'oggetto me lo mettete in bocca, cominciando a ripetere: "Porta, Porta". Se tenterò di sputarlo, mi terrete la bocca chiusa (con la massima dolcezza), dicendo ancora "Porta" e accarezzandomi e lodandomi. Questo deve durare pochi secondi. Riprendete il gioco facendomi nuovamente apparire e sparire il riportello muovendolo rapidamente (dovete eccitare il mio istinto predatorio): appena apro la bocca, cacciateci di nuovo dentro il riportello dicendo "Porta, Bravo, Porta". Basta così: dopo due esercizi eseguiti correttamente, si smette e si torna subito a casa. Si riprende il giorno dopo, nello stesso modo: il gioco deve sempre finire molto prima che io possa stancarmi, in modo che si crei in me un'appetenza al riporto. Appena saprete che questo impulso esiste, potrete cominciare a far rotolare il riportello per terra, sperando che io lo raccolga all'ordine "Porta!". In seguito, dovrete ottenere che io tenga il riportello di legno in bocca finché non mi darete il contrordine "Lascia!", che sarà accompagnato dal gesto della mano che semplicemente mi toglie di bocca il riportello.

13) Abbaio A Comando.

Un cane che abbaia a comando fa sempre "molta scena": molti proprietari di cani che sanno eseguire bene questo esercizio si sentono grandi addestratori, anche se magari poi Fido scappa di casa tre volte al giorno e non c'è verso di farlo obbedire al richiamo. In realtà l'abbaio a comando è un esercizio utile (specie per quanto riguarda la seconda parte, ovvero lo "Stare Zitto" a comando), ma più che altro è propedeutico ad alcune fasi del lavoro di difesa. Il lavoro consiste nell'ingenerare in me una vera e propria frustrazione, che sfogherò nel modo più semplice, e cioè abbaiando. Io abbaio al gatto che non riesco a raggiungere, abbaio quando il padrone se ne va e io devo restare a casa, abbaio insomma quando mi gira storto: e voi, in questo caso, dovete far sì che mi giri storto. Quando ho fame, fatemi vedere un bel pezzo di carne, passatemelo letteralmente sotto il naso, e poi copritelo con la mano, dicendomi "Abbaia!". L'ordine per me non significa ovviamente nulla e forse non l'ho neppure captato, perché troppo eccitato dall'idea del cibo: quindi ignorerò il comando, ma cercherò di avere il cibo in altri modi (piantandovi il muso in mano, raspando, saltandovi addosso, accucciandomi in segno di sottomissione). Ben presto mi accorgerò che così non ottengo niente mentre voi ripetete il comando: "Abbaia!". A questo punto comincerò a ragionare: mi renderò conto che mi state dando un ordine, quindi che volete qualcosa da me in cambio del cibo. Le mie reazioni potranno essere diverse:
- o faccio gli occhi dolci in segno di "non capisco, abbi pietà, dammi lo stesso la carne",
- o vi darò dei colpetti col muso (sistema che usano i cuccioli per ottenere il rigurgito di cibo dalla madre),
- o mi getterò a pancia all'aria (mi arrendo, mi arrendo, hai ragione tu qualsiasi cosa tu dica e faccia, ma dammi quella carne),
- oppure tenterò di indovinare qual è l'esercizio che volete da me, mettendomi a eseguire una serie di "seduto" e di "terra", guardandovi speranzoso (è questo che vuoi? Oppure quest'altro?).
Non ottenendo ancora nessun risultato, ma solo la parola "Abbaia!", potrò scegliere due soluzioni: o mi offendo e me ne vado, oppure cerco di sfogare la mia frustrazione in qualche modo. Potrò raspare il terreno, fare pipì, grattarmi (tutti atti di scarico, perché ciò che veramente avrei voglia di fare è mordervi, ma questo è tabù), e forse alla fine probabilmente abbaierò, perché l'eccitazione e la frustrazione saranno arrivate al punto massimo. Abbaio ed ecco che la mano miracolosamente si apre, la carne arriva a portata di fauci. Miracolo! Con ogni probabilità, quando ripeterete l'esercizio il giorno dopo, non mi ricorderò affatto del legame tra il premio e il mio abbaio: ero troppo su di giri per ragionare freddamente. Nonostante questo, abbaierò molto prima, perché il ricordo dell'esperienza precedente mi indurrà a scatenarmi molto prima in una serie di atti antistress. È la famosa storia di chi si scotta con l'acqua calda e poi ha paura di quella fredda: si mi vedrò nuovamente sottrarre la carne penserò qualcosa come "ecco, uffa, ci risiamo", e non spererò più di ottenere risultati con la pantomima del giorno precedente. Quindi mi sentirò direttamente frustrato, mi scaricherò abbaiando e questo mi permetterà di ottenere la carne. Ci vuol poco, a questo punto, perché si instauri un'associazione percettiva: quando sento il comando "Abbaia!", si innesca in me il ricordo delle esperienze precedenti che mi spingerà a eseguire rapidamente. Il comando diventa quindi lo stimolo sostitutivo di tutta la situazione precedente, che col tempo dimenticherò del tutto, mentre non dimenticherò più che la parola "Abbaia!" è un ordine ben preciso, che richiede una risposta precisa (e questa va naturalmente premiata).
N.B. Per insegnarmi a stare zitto a comando a questo punto sarà sufficiente farmi abbaiare e poi dare il comando "Zitto!" chiudendomi (solo le prime volte) dolcemente la bocca.

14) Bibliografia.

V. Rossi, Guida completa all'addestramento del cane, Milano 1994 (Un libro che tutti dovrebbero aver letto!)
W. Campbell, Psicologia canina, Torino 1981
P. Scanziani, Il cane utile, Chiasso 1976
P. Scanziani, Il nuovo cane utile, Chiasso 1975
D. Griffin, Cosa pensano gli animali, Roma 1987
F. Brunner, Come capire il proprio cane e farsi capire da lui, Milano 1986 Queinnec - Gilbert, Come educare il proprio cane e vivere felici, Padova 1990